THE SOUND OF BUTTERFLY WINGS
XII Florence Biennale
FIRENZE, Fortezza da Basso, 18 - 27 ottobre 2019
BZANCONATO partecipa alla XII Florence Biennale con una installazione site specific
dal titolo “THE SOUND OF THE BUTTERFLY WINGS”.
Con quest'opera, l'artista coglie l'occasione della passerella della Biennale di Firenze
per presentare al pubblico italiano (che non la vede esporre da diverso tempo) la sua visione della condizione umana, fragile ed incerta come il volo di una farfalla (da cui il titolo dell'opera).
Il progetto fa uso di alcune sue recenti opere per proporre una articolata narrazione: una specie di mostra nella mostra con un preciso percorso espositivo che parte dalla grande opera posta nella parte inferiore dell'installazione
e che, come sottolineato dal volo della massa di farfalle, giunge sino all'opera-scultura che fuoriesce dal piano delle altre.
Il tutto in un insieme dal forte impatto poetico e visivo.
“HIER IST KEIN WARUM” , la prima opera di questo ideale percorso, prende ispirazione da un fatto di cronaca riguardante
il campo di concentramento di Auschwitz: nei primi mesi del 2016 sono stati ritrovati, nascosti in un doppio fondo di una tazza smaltata, un anello ed una collana appartenuti ad una delle vittime del lager.
“Mi è sembrato che l’amore parlasse ancora attraverso quell’anello, anche da un luogo dove dignità e amore
erano diventati concetti senza senso per milioni di persone.” dice l’Artista.
L’opera, inoltre, simboleggia la condizione dell’uomo contemporaneo, gettato senza una ragione (in senso heideggeriano) in quel campo di concentramento che a molti appare la società contemporanea, in cui tutto è già deciso e codificato
da una enorme quantità di regole che limitano sempre di più lo spazio d’azione personale
(il titolo stesso, che riprende una citazione da “Se questo è un uomo” di P. Levi, significa qui non c’è un perché).
Ma è un piccolo dettaglio dell’opera, un anello posto sopra ad un cuore di panno rosso, che ribalta la prospettiva esistenzialista e rivela quella dell’Artista: l’amore, il sentimento, la prospettiva umana sono ciò che danno un senso all’esistenza, che forniscono quell’energia capace di far affrontare le sfide più dure (e cosa può esserci di più duro del lager di Auschwitz?).
Tutto questo attraverso l’esempio dell’anonima eroina di Auschwitz, che ha saputo conservare, sprezzante del pericolo, il simulacro della propria umanità nei gioielli che la univano al suo caro. Certo, questo non le ha salvato la vita
ma certamente ha impedito il suo annichilimento come essere umano, cioè ha impedito che
i suoi sentimenti e, conseguentemente, la sua essenza umana, venissero annullati.
“EQUILIBRIO”, la seconda opera inserita dall’artista nell'installazione è ancora più esplicita in questo senso.
La condizione umana, dice BZanconato, è “un sottile equilibrio tra meraviglia ed abisso: possiamo provare forti gioie ma un attimo dopo, senza preavviso, cadere nel buio più profondo. Allo stesso modo, proprio quando siamo sull’orlo di un precipizio,
qualcosa o qualcuno può tenderci una mano e cambiarci la prospettiva.”
Ed è dalla consapevolezza di questo dato di fatto che nasce la magia o, se vogliamo, l’occasione data dalla nostra esistenza,
sempre in bilico tra terrore e meraviglia (e la citazione di C. Castaneda, riportata alla base dell’opera, offre una chiara luce interpretativa: “the terror of being a man with the wonder of being a man” ).
Se da una parte l’esistenza vera non può non tener conto della morte, dell’abisso, del nulla,
dall’altra essa rappresenta anche la nostra opportunità, unica e irripetibile, per dare un nostro, personale, vero
senso di vita e per lasciare un segno del nostro passaggio.
Questo equilibrio tuttavia è estremamente precario, come mostra la successiva opera “G.R.”.
“G.R.” è la rappresentazione dell’irrisolto conflitto tra il singolo e la gabbia delle regole sociali che, poi,
diviene conflitto, mai dichiarato, tra paradigmi (ad esempio, quello di Verità e Giustizia, da una parte,
e quello della Ragione ed Interesse di Stato dall’altra) e dell’ipocrisia che ruota attorno a questi temi.
Ad un altro livello, è una riflessione sulla superficialità emotiva collettiva di fronte ai fatti di violenza e sulle sue ragioni.
Il caso di Giulio Regeni (le cui iniziali danno il titolo all’opera) ne è un emblematico esempio.
Come sulla superficie dell’opera, nel tempo tutto si è “ossidato”
e la ruggine sta facendo sparire le tracce della verità,
anche quella stampata sui tanti striscioni gialli affissi in molte città d’Italia e d’Europa.
Ma nonostante tutto, nonostante i tanti abissi di cui è costellata ogni esistenza,
nonostante “il terrore di essere uomo”, resta “la meraviglia di essere uomo”.
“DER SUCHENDE”, l’opera finale, in tedesco letteralmente “Colui che cerca”, per l’Artista è rappresentazione del vero spirito umano:
da una parte la consapevolezza della fragilità e della precarietà dell’esistenza.
Dall’altra, l’osservazione che l’esistenza è la nostra occasione: di sviluppo, di realizzazione, anche per lasciare un segno.
Questo doppio binario dell’esistenza umana è la chiave di lettura dell’opera
(che, per dirla secondo la terminologia dell’Artista, è una devanture, cioè presenta,
anche dal punto di vista dell’osservazione due opposti punti di vista):
da una parte (in particolare quella sulla quale l’artista ha applicato la sua originale tecnica di metallic collage),
l’uomo che, come un guerriero, sa che deve muoversi con cautela e decisione nella pericolosa giungla dell’esistenza,
conscio che ogni istante ed ogni angolo può nascondere la sua fine.
Dall’altra, questa consapevolezza rende l’esistenza magica, unica e irripetibile:
un cammino ricco di ricerche e di scoperte, di aperture ed arricchimenti, alla ricerca della sua vera dimensione.
l'installazione ha ricevuto il Premio Speciale "Lorenzo il Magnifico" del Presidente
XII Florence Biennale
18 – 27 ottobre 2019
Fortezza da Basso Firenze
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