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35ième SALON D'AUTOMNE INTERNATIONAL DE LUNEVILLE
7 Ottobre 2016
In questi giorni opere di Barbara Zanconato sono in esposizione al Salon d’Automne International di Lunéville (8 - 31 ottobre 2016). Il salone, che ha raggiunto la sua 35ma edizione, ha acquisito nel tempo un rilievo sempre maggiore e tale da farlo identificare come la manifestazione d’arte contemporanea più importante dell’est della Francia ed una delle rassegne più prestigiose d’oltralpe per la provenienza degli artisti (quest’anno oltre 20 Paesi rappresentati), per la loro notorietà, l’eclettismo e l’originalità delle opere presentate.  
In questo ambito Zanconato ha presentato due opere che, in linea con la sua produzione artistica degli ultimi anni, presentano una grande carica simbolica esaltata, da una parte, dalla scelta dei temi e dei titoli delle opere stesse e, dall’altra, dall’impiego di materiali e mezzi espressivi di forte impatto emotivo.
 

La prima opera, dal titolo LILITH – THE SEARCH (2015), si ricollega ad una antica tradizione ebraica secondo la quale, il sesto giorno della creazione, Dio crea l’uomo e la donna: Adamo e Lilith (anche nella Bibbia rimane una reminiscenza di questa antica tradizione quando in Genesi 1,27 si legge “Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò”). Fatta della stessa pasta di Adamo (a differenza di Eva che, successivamente, sarà creata da una sua costola), proveniente dalla stessa volontà divina, Lilith nasce e si sente pari ad Adamo, il quale, innamorato della sua bellissima compagna, cerca di soggiogarla e ridurla alla sua volontà, anche dal punto di vista sessuale, imponendole di sovrastarla durante l’accoppiamento come segno della sua superiorità. Lilith, tuttavia, rifiuta queste imposizioni di Adamo e non si assoggetta ad una condizione di inferiorità e se ne fugge dal giardino dell’Eden. Dio manda tre angeli a cercarla con lo scopo di riportarla e di assoggettarla ad Adamo, ma Lilith rifiuta di eseguire i suoi ordini e il suo rifiuto la condanna ad un destino da demone e simbolo del male.


Della storia di Lilith Zanconato mette a fuoco lo spunto inziale e cioè quello dell’umanità tutta, uomo e donna, fatti “della stessa pasta” e dalla stessa volontà divina e, in particolare, la figura coraggiosa di Lilith che, pur di non assoggettarsi ad un uomo che la vuol relegare in una condizione di inferiorità e sudditanza (anche sessuale), lo lascia e se ne va. Lilith resiste anche alle imposizioni di Yahweh che, a sua volta, la vorrebbe assoggettata ad Adamo.  
Lilith diviene per Barbara Zanconato un archetipo di una coscienza e di una condizione femminile che nella storia umana (che qualche femminista definirebbe maschilista) ha avuto come sbocco la demonizzazione e la censura, ma che, in realtà, è alla ricerca di un ambiente ospitale, rispettoso delle reciproche diversità che, in fondo, rendono più ricchi la vita e il mondo.  
Lilith – The Search rappresenta questa duplice valenza: da una parte la visione del rispetto reciproco, basato sull’assenza di gerarchie di genere precostituite, in cui i rapporti interpersonali e sociali non sono basati su quel concetto di dominanza che H. Laborit ha messo chiaramente in luce (H. Laborit, “Elogio della fuga”), e dall’altra la constatazione che questa visione, lungi ancora oggi dall’essere realtà assodata, è qualcosa da ricercare, forse ancora da costruire. Lilith, che è fatta della stessa pasta di Adamo, e perciò, per origine certamente non inferiore a lui ma come lui libera di agire secondo la propria natura, è quindi l’archetipo alternativo ad Eva, invece nata da una costola del suo compagno, e perciò a lui assoggettata e devota. Lilith è  il simbolo della donna che ha piena coscienza di sé, che non ha bisogno di Adamo, e che, perciò, è libera di andarsene con ciò che ha di più caro. Ma andare dove? E qui entra in gioco la seconda parte del titolo e che apre ulteriori piani interpretativi dell’opera. 

La fuga da Adamo e dal giardino dell’Eden, infatti, pone immediatamente la questione della ricerca (the search): la ricerca fisica, innanzi tutto, di un luogo dove potersi sistemare.
E il richiamo a tutte quelle donne, cariche dei loro figli, che negli ultimi anni hanno trovato la forza ed il coraggio di lasciare le loro case distrutte dalla guerra ed attraversare il mare, potrebbe essere evidente…. 
Ma al contempo la ricerca potrebbe essere anche quella di una diversa dimensione umana in cui non esistano prevaricazioni e questioni di dominanza: questo è un tema caro all’artista che, a questo proposito, potrebbe aver scelto il palcoscenico francese per la presentazione di quest’opera anche in relazione ai fatti che sono venuti alla ribalta della cronaca negli ultimi mesi in Francia e cioè il caso di Jacqueline Sauvage che, col suo estremo gesto di ribellione, ha posto fine alle violenze del marito su di sé e sui suoi figli e che, nonostante il pieno supporto dell’opinione pubblica d’oltralpe, è ancora in prigione a scontare la condanna di omicidio. 
 
La seconda opera, dal titolo PUEDEN SER (2015) è la rappresentazione di un sentimento di stupore se non addirittura di sbigottimento che ci coglie di fronte alla notizia di certi avvenimenti, e del successivo istintivo pensiero che “tutto avrebbe potuto essere diverso”, che “sarebbe stato così semplice” evitare l’accadere di certi fatti… pueden ser tan fàciles las cosas… come, ad esempio, evitare la tragica ed assurda storia di Antonella Penati e di suo figlio Federico. Si tratta di una storia, anche in questo caso, di violenze e minacce ripetutamente perpetrate da un uomo (marito di Antonella e padre di Federico) che, per questo, era stato denunciato più volte ed al quale il tribunale aveva tolto la patria potestà (assegnandola ai Servizi Sociali). Ebbene, il 25 febbraio 2009, durante un “incontro protetto” ordinato dal Tribunale dei Minori avvenuto presso la sede dei Servizi Sociali di San Donato Milanese, il padre non trovava nessun ostacolo ad uccidere il figlio con un colpo di pistola e 24 coltellate (Federico moriva dopo circa un’ora di agonia) per poi suicidarsi.
Ma non basta: la madre si è poi rivolta alla giustizia per mettere in luce le responsabilità di chi aveva in affidamento il figlio, ma dopo circa sei anni dalla morte, tre gradi di giudizio, la Corte di Cassazione con la sentenza del 28 gennaio 2015 ha decretato l’assoluzione degli imputati (operatori e responsabili di quelle istituzioni che avrebbero dovuto tutelare il figlio). Certamente, nel caso di Antonella Penati, che tutto aveva fatto per rendere evidente ed oggettiva la minaccia del marito, PUEDEN SER…. certamente per suo figlio Federico, che oggi avrebbe sedici anni, PUEDEN SER…. Ma una cinta di filo spinato stringe in una morsa queste possibilità tragicamente represse.

Al di là del significato delle singole opere esposte al Salon d’Automne di Lunéville, appare evidente, anche in questo caso, l’intento pedagogico se non sociologico dell’attività artistica di Zanconato: la scelta delle opere appare improntata principalmente non su una base di puro accostamento estetico, come spesso accade in questo tipo di manifestazioni, ma piuttosto sull’affinità di tematiche che si intrecciano.
Come non vedere infatti il tragico parallelismo tra le storie di Jacqueline Sauvage e di Antonella Penati, come non pensare nei due casi: PUEDEN SER
E, d’altro canto, come non sentire nei due stessi casi, l’eco di quell’atteggiamento improntato dalla dominanza, di quel senso di superiorità sull’altro, da cui Lilith è fuggita. Senso della dominanza che, in entrambi i casi, ha pervaso non solo i due mariti ai quali le mogli si sono opposte, ma anche e soprattutto le istituzioni che sono state coinvolte.
In entrambi i casi risulta evidente come la totale assenza di senso umano manifestato anche dai giudici, abbia portato a sentenze che risultano ancora incomprensibili all’opinione pubblica.
Ancora una volta PUEDEN SER: non sarebbe stato troppo complicato, 

anche se non contemplato dai codici (che per loro stessa natura non possono che  rappresentare una semplificazione del reale), comprendere le ragioni di Jacqueline e di Antonella … tuttavia, sinora, le due donne restano  stritolate all’interno di una sistema che le vuole "omicida", l’una, e madre “isterica e iperprotettiva” l’altra. Ma, per fortuna, lo spirito di Lilith che le anima non sembra ancora completamente spento.

Due opere quelle di Zanconato che narrano storie ma che, al contempo, ci pongono temi e dubbi sui quali risulta evidente che due società occidentali, come quella francese* e quella italiana, non hanno ancora saputo trovare risposte.
Opere che, per questo, presentano, come sempre accade con Barbara Zanconato, una forte valenza umana e sociale in quanto rappresentano una forte esortazione ad accettare punti di vista diversi e a sostituire l’empatia alla dominanza.

Non occorre arrivare al punto che Lilith se ne debba andare: perché non accogliere ed apprezzare le diversità, perché non sfruttarle dialetticamente? …

PUEDEN SER
                                                                                                                                                                                                      Andrea Fallini
                                                                                                                                                                                                                




*   Da segnalare che, il 28 dicembre 2016, il presidente francese François Hollande ha accordato la grazia presidenziale a Jacqueline Sauvage  in relazione "ad una situazione umana eccezionale"; la donna, di conseguenza, è stata rimessa in libertà.