Qualche anno fa sono stata invitata ad un matrimonio. La giornata si preannunciava come da copione: innumerevoli persone sconosciute a cui stringere la mano sorridendo e un'infinità di tempo passato seduti ad aspettare. Al parcheggio del ristorante mi venne presentata una giovane signora che risultò essere una parente acquisita dello sposo. Fatti i convenevoli iniziammo a chiacchierare. Sembrava simpatica. Era alta e dava l'impressione di essere una persona energica. Continuammo a parlare anche mentre entravamo al ristorante e così finimmo per sederci vicine. Il discorso, dopo un inizio generico, cadde sull'argomento bambini... figli in particolare... Fu la signora stessa ad avviarlo. Aveva un bambino di circa sei anni e risultò subito evidente che questo bambino era il centro delle sue attenzioni. Si percepiva che stravedeva per lui; il suo modo di raccontare era allegro e ironico pertanto era piacevole ascoltarla mentre descriveva le peripezie giornaliere... a poco a poco, dalle varie avventure, cominciai ad intuire che il bambino doveva avere dei problemi ma fu solo a metà del pranzo che realizzai la verità... Fu a seguito di una mia domanda che capii improvvisamente che cosa significava per quella donna essere mamma. Rimasi molto colpita dalla sua storia che - a quel punto - mi fu raccontata nei dettagli. Il bambino era nato prematuro. Era sopravvissuto ma i problemi erano tanti. Ricordo che mi impressionò molto la forza di quella mamma.
Qualche giorno più tardi, per volere del caso, incontrai la signora all'entrata dell'ospedale: era lì per far fare fisioterapia al bambino. Mi chiese se volevo conoscere suo figlio e io accettai.
Ciò che provai alla vista di quel bambino non riesco a descriverlo, so solo che dentro di me è esploso un urlo così potente che una volta a casa ho sentito la necessità di trasferire su carta almeno una parte delle mie emozioni...
Spesso tra la maternità celebrata e la maternità vissuta c'è una bella differenza...
...il mio pensiero va a tutte le mamme come "Silvia"...